Note di regia di Jurij Ferrini
Quando leggo un testo, soprattutto un grande classico, non riesco a fare a meno di chiedermi che cosa possa significare per il pubblico di oggi. Un matrimonio segreto fra un maturo alto ufficiale di colore e la giovane figlia di un importante senatore nelle grazie del governo di una qualche potenza occidentale, proprio la notte prima di partire per una guerra lontana...
Sono le premesse che – estrapolate dal loro contesto storico originale – mi permettono di avvicinare prospetticamente questa vicenda alla nostra falsa coscienza occidentale e costituiscono uno straordinario materiale per un lucido e appassionante esame del viaggio a ritroso, e contro natura (come si risalisse la corrente di un fiume), da un infinito oceano d’Amore, fino alle fonti dell’Odio più puro; dal mare di Luce che è la vita di ogni essere umano, alla più spaventosa delle Tenebre, quella della morte; dalla prosperosa Pace in cui avrebbe senso restare, alla furiosa Guerra che ha sempre segnato il destino di donne e uomini.
E così, nella mia immaginazione, la storia del nero Otello diventa la storia d’amore di un generale delle forze armate occidentali, di stanza con le sue truppe a presidiare una esotica e meravigliosa isola (Cipro nell’originale) per difenderla da forze nemiche mediorientali (i Turchi), accompagnato al fronte dalla sua splendida moglie, una donna bellissima, giovanissima, estremamente libera ed intelligente (Desdemona), che lo ama profondamente contro tutti i pregiudizi di una società ancora fortemente razzista – come in parte lo è ancora la nostra, del resto – e da un suo ufficiale, un uomo di cui si fida moltissimo (Iago), altrettanto intelligente, del tutto affidabile in apparenza e votato, nel suo intimo, ad un oscuro nichilismo e alla distruzione di ogni istinto vitale. Questo rapporto triangolare porterà le forze del puro amore (di cui Desdemona in quest’ottica è funzione) e dell’odio più profondo (di cui è invece funzione Iago) a scontrarsi ferocemente nel cuore del protagonista, fino a rapirgli la mente e a condurlo verso il baratro di una gelosia folle e omicida.
Il dramma privato della gelosia diventa così – in una visione più collettiva – la tragedia della violenza umana che ha sempre avuto, purtroppo, ottimi motivi per essere scelta; almeno rispetto alla via molto più complessa e articolata del dialogo, dell’approfondimento e della reciproca comprensione. Un dialogo necessario per quella rivoluzione umana che non possiamo smettere mai di cercare; a partire proprio dal rivoluzionare noi stessi; riconoscendoci sempre nell’avversario e inchinandoci alla sua umanità, che rispecchia esattamente la nostra.