Note di regia di Serena Sinigaglia
“Ogni adattamento presuppone che le condizioni che hanno circondato la nascita di un’opera siano cambiate e che continuino a cambiare. Da Mérimée all’opera lirica, non erano più la stessa cosa. Dalle opere liriche ai giorni nostri, è passato più di un secolo. Possiamo ignorarlo?” (Jean-Claude Carrière)
L’adattamento della Carmen che Carrière (scrittore), Brook (regista) e Constant (compositore) fecero negli anni ’80 del secolo breve è semplicemente fantastico. Più di 300 repliche, triplo cast, tre film tv per Antenne 2. Numeri incredibili se paragonati alle teniture e al destino delle opere prodotte oggi.
Credo che la maggior parte dei registi quando si confronta con il grande repertorio d’opera sogni in cuor suo di poter “osare”, di poter adattare la partitura e il libretto. Accanto alle edizioni originali e integrali, necessarie e sempre vive, è forte il desiderio di poter “giocare”, proponendo sperimentazioni musicali e narrative, tagli e nuovi montaggi, insomma dando corpo a quel tipo di lavoro che è concesso, nonché abituale e spesso auspicabile, su tutto il patrimonio della prosa.
Brook, Constant e Carrière decisero di togliere dalla Carmen di Bizet tutto il folklore e la grandeur alla ricerca del nocciolo profondo e assoluto dell’opera. Lo fecero con anni di studio e tornando alla fonte stessa del compositore francese, l’omonimo racconto di Mérimée. Il loro fu un lavoro di assoluto rispetto della fonte verso una teatralità forse più netta, sicuramente più antica: quella delle tragedie greche.
I personaggi sono ridotti all’osso: Carmen, José, Escamillo, Micaëla. Accanto a loro, tre attori che recitano i personaggi previsti dall’opera come figure minori, eppure fondamentali per la sequenza degli eventi: Lillas Pastia, Garcia, una vecchia zingara. Carrière, Brook e Constant, ognuno secondo le proprie competenze, cercarono di estrarre “il midollo sostanziale” (così racconta lo stesso Constant) dall’opera di Bizet.
Ogni personaggio richiama un archetipo e le grandi questioni della storia dell’umanità ovvero la libertà, l’ineluttabilità del destino, il binomio “amore e morte”, il femminicidio, l’eterno ritorno del tempo della violenza. Nell’ora e un quarto di musica, canto e parola risuonano con la forza tipica dell’epica classica. Carmen assurge alla grandezza delle eroine quali Antigone o Medea o Ecuba: un assoluto in cui si specchiano tutti i relativi. Ci sono le arie più famose dell’opera: l’habanera, la seguidilla, Toreador, l’Aria delle carte, Le fleur, le due arie di Micaëla ma attraverso la lente di un organico orchestrale ridotto a 16 elementi arriviamo a riconoscere le linee melodiche di ciascuno strumento, andiamo a fondo, ne godiamo le sfumature, raggiungendo così una percezione distinta e profondamente toccante delle contraddizioni ivi descritte. La genesi di quel mistero chiamato “essere umano” che solo l’arte più alta può dispiegare davanti ai nostri occhi.
Ho avuto l’occasione di dirigere La tragédie de Carmen per il Teatro Comunale di Livorno nell’autunno 2021. Ho sentito presto il bisogno di proseguire il percorso, di riproporlo nel teatro che dirigo insieme a Lella Costa. Di “riproporlo” non è esatto perché in questo caso l’operazione registica sarà decisamente diversa, più preciso dire che ho sentito la necessità di affrontarlo con accresciuta consapevolezza e in una forma completamente nuova, forse ancora più consona della classica messa in scena di un’opera.
La tragédie de Carmen presenta caratteristiche tali da indurci a decidere di presentarla come apertura di stagione. Un’apertura di stagione inedita e significativa perché contiene in sé i principi culturali che perseguiamo e in cui crediamo: centralità dell’universo e dello sguardo femminile, trasversalità assoluta di generi e di forme artistiche, formazione, partecipazione, esercizio e stimolo della libertà di pensiero.
Alla sua nascita, ancora a fine ‘800, il Carcano aveva una forte vocazione musicale: Donizetti, Bellini e molti altri portarono le loro opere sulle assi del nostro palcoscenico. Recuperare quelle origini, ribadendo la natura trasversale e multidisciplinare del teatro che gestiamo, ci è, dunque, sembrato del tutto naturale.
A questo si aggiunge la particolare attenzione all’aspetto sociale e formativo che da sempre accompagna il mio lavoro, nei 25 anni passati con ATIR e ora qui, in questo immenso teatro del centro di Milano. Un teatro che sia al servizio della città, calato nel tessuto urbano, in contatto con le principali istituzioni cittadine. Non solo lo spettacolo serale, dunque, ma una serie di attività laboratoriali e comunitarie capaci di costruire quella base di riferimenti e di relazioni umane che definiscono l’identità di un luogo di cultura. Qui l’idea di collegare La tragédie de Carmen, proprio perché un adattamento, proprio perché una sintesi, proprio perché pensata dagli autori stessi come un’opera di poco più di un’ora dove si canta e si parla, qui l’idea, dicevo, di farne un progetto poderoso di formazione in collaborazione con il Conservatorio G. Verdi di Milano.
L’orchestra, i cantanti, il direttore d’orchestra, i maestri accompagnatori, tutte le figure artistiche sono giovani diplomandi del Conservatorio. Con la prestigiosa istituzione musicale abbiamo costruito un percorso laboratoriale di avvicinamento che è durato 8 mesi. Un percorso di formazione teatrale e attoriale e musicale per tutti gli allievi coinvolti.
L’allestimento sarà anch’esso all’interno di un concetto estetico di sintesi assoluta: l’orchestra in scena sarà di fatto la nostra sola scenografia, pochi simbolici elementi di costume staranno ad indicare i personaggi. La dimensione evocativa, lo spazio vuoto che la permette, elementi tipici del teatro di Brook, verranno qui utilizzati come opportunità di formazione e di crescita per i giovani artisti, per la prima volta di fronte ad un pubblico. Tutto lo sforzo della regia è rivolto a loro, alla possibilità di prepararli al mestiere con una consapevolezza nuova e naturalmente al pubblico perché possa godere senza filtri della straordinaria versione musicale e drammaturgica voluta da tre fra i più grandi artisti del secolo scorso.
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BIGLIETTO STUDENTI
Posto unico € 10,00
Gli studenti con disabilità certificata hanno diritto al biglietto omaggio.
Accompagnatori gruppi scolastici: è previsto 1 omaggio ogni 15 studenti paganti, altrimenti ridotti a € 5,00 per accompagnatori in esubero rispetto al rapporto di 1:15.