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The sound inside

di Adam Rapp

regia Serena Sinigaglia

con Marina Sorrenti, Alessio Zirulia

traduzione Monica Capuani

scene e costumi Eleonora Rossi

luci e musiche Roberta Faiolo

assistente alla regia Carola Rubino

produzione Teatro Carcano, Fondazione Campania dei Festival – Campania Teatro Festival 

distribuzione a cura di Mismaonda

Scheda spettacolo

“Incontriamo a volte persone che non conosciamo affatto, ma che destano in noi, subito, fin dal primo sguardo e, per così dire di colpo, un grande interessamento, sebbene non si sia scambiata ancora una sola parola”

                                                                                                                                             F. Dostoevskij

 “The sound inside” è un viaggio bellissimo attraverso la morte e la rinascita. E’ un viaggio di salvezza dentro al mistero della vita. Il paesaggio è un quadro sospeso, un luogo astratto, un limbo, uno spazio luminoso dai suoni attutiti: un parco cittadino nel cuore della notte completamente ricoperto di neve, un vasto campo ricoperto di neve.

Fa freddo ma è un freddo secco, quasi piacevole.

Bella è una professoressa di scrittura creativa, una donna di mezz’età che vive da sola in compagnia dei suoi libri. Ed è molto malata.

Christopher è un suo studente. Un ragazzo particolare, molto diverso dai suoi compagni di corso.

Entrambi amano la letteratura. Amano l’energia vitale che si sprigiona dalle parole come se la “finzione” potesse essere più vera del vero, più reale del reale.

Un filo misterioso li unisce. Un’attrazione.

La loro relazione sfiora quella amorosa per poi toccare quella filiale fino a diventare quasi fraterna. Le loro anime si incontrano. E la vita di Bella si rigenera.

Chi è veramente Christopher?

Esiste o è frutto della fervida immaginazione di Bella?

Sicuramente questo ragazzo particolare, eccentrico e sui generis, è una meteora che la attraversa e che la salva.

Un mistero, una magia direi, che però accade, eccome se accade.

Mi piace pensare a Christopher come a quell’angelo che sa suonare le corde giuste della nostra anima, quel “suono dentro” a cui non diamo spazio ma che può salvarci. Un angelo che poi devi lasciar andare al momento giusto per rialzarti come l’Araba Fenicie dalle tue stesse ceneri.

Viviamo in un’epoca brutale e violenta, in uno smarrimento che ci lascia senza fiato, le gambe intorpidite, i pensieri immobili. Abbiamo paura della malattia, paura della morte, paura del contatto, abbiamo paura di tutto persino della nostra ombra.

Mi sono innamorata de “Il suono dentro” al primo istante.

Del suo spazio sospeso, della sua quiete, del conforto e del calore che vi si sprigiona.

Penso che abbiamo bisogno di storie che con dolcezza ci riportano al contatto con noi stessi, storie luminose e quiete che ci ricordano che siamo molto di più di un conto in banca, di una malattia, di una prestazione. E siamo mistero, un mistero insondabile, l’arabesco indecifrabile è dato per la gioia del suo movimento non per la soluzione del suo teorema, diceva la Morante.

Ecco, “The sound inside”, sprigiona luce, sprigiona speranza, sprigiona gioia.

                                                                                                                            Serena Sinigaglia

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